Il Piano paesaggistico della Toscana segnato dagli interessi dei capitalisti, della destra e del partito del cemento
Il governatore Rossi (PD) costretto a rimangiarsi le concessioni fatte a Forza Italia

Dal nostro corrispondente della Toscana
Il 27 marzo, penultimo giorno della legislatura uscente, il Consiglio regionale toscano ha approvato il cosiddetto Piano del Paesaggio. Il voto giunge dopo un lunghissimo dibattito all’interno delle sedi istituzionali e dopo una mobilitazione sociale in difesa dell’impianto originario che nel 2011 la Regione Toscana affidò all'assessore all'ambiente Anna Marson in co-pianificazione con il ministero dei Beni e delle attività culturali e del territorio (Mibact).
Dopo un lungo lavoro in collaborazione col Centro Universitario di scienze del territorio delle 5 principali università toscane, con le parti sociali ed altri istituiti, la prima proposta di piano è stata considerata valida nel dicembre 2013 dal Mibact. Nel gennaio e nel maggio successivi la giunta regionale prima ha adottato all’unanimità il Piano e successivamente ha approvato due ulteriori proposte dense di modifiche sostanziali rispetto al piano originario che alcune commissioni consiliari hanno portato all’adozione del Piano con emendamenti il 2 luglio del 2014. In seguito, nel dicembre del 2014 dopo altro lavoro di controdeduzioni il voto della giunta toscana fu unanime. Infine è storia recente l’approvazione definitiva del Piano a fine marzo.

Un piano tutto interno al capitalismo
Un susseguirsi di rallentamenti, polemiche e modifiche rispetto al piano originario scritto dalla Marson e condiviso dai comitati e delle associazioni coinvolte nell'opposizione al “partito del cemento”, che evidenziano i grandi interessi che esso contiene. Tuttavia riteniamo che il provvedimento stesso e anche nella versione originale, sia solo uno specchietto per le allodole, niente più di una foglia di fico in quanto esso si muove internamente alle dinamiche economiche capitalistiche proprie della nostra società.
Il Piano Paesaggistico nella legislazione generale non ha alcuna valenza reale poiché saranno sempre i comuni, e anche la stessa Regione che, nonostante i limiti indicati dall'indirizzo del Piano, decideranno dove e come costruire e a chi concedere permessi ed autorizzazioni per sfruttare l'ambiente non per il bene comune, bensì per il profitto. L'approvazione del Piano Paesaggistico toscano è un fulgido esempio di una delle tante leggi che la borghesia attraverso le sue istituzioni produce ma che poi non rispetterà, permettendo ai pescecani capitalisti di fare il bello e il cattivo tempo pur di preservare la loro ricchezza a danno del proletariato, delle masse popolari e dell'ambiente. Il capitalismo è insaziabile e così Rossi e il PD, attraverso il nuovo “Patto del Nazareno” in scala Toscana, hanno fatto ancora una volta capire quali interessi perseguono, quelli della grande imprenditoria privata, della cementificazione e del profitto ad ogni costo.

Le prime modifiche fatte da Rossi al piano Marson
Alla luce del voto del luglio 2014, fu innanzitutto Rossi a raccogliere le proteste delle grandi aziende viticole che consideravano le norme inserite nel piano originario in materia di impianto e reimpianto di vigneti una limitazione fortissima della libertà d’impresa. Rossi è intervenuto immediatamente per sottolineare che “nel piano non c’è nessun vincolo né divieto ma solo raccomandazioni”, rendendo evidente che la legge di per sé non avrebbe ostacolato i grandi padroni e multinazionali terrieri ai quali ha ricordato che “sono 200 mila gli ettari di superficie che questo strumento permette di recuperare per fini agricoli. Questa regione ha tolto i vincoli della legge Galasso sulle aree boscate non di pregio e finanziato con 155 milioni di euro di soldi pubblici il reimpianto di vitigni di cui hanno beneficiato circa 10.000 imprenditori agricoli”.
In altre parole, niente paura. E niente sul ricatto degli imprenditori della riduzione dell’occupazione dal momento che negli ultimi decenni l’accorpamento delle superfici concentrate nelle mani delle grandi aziende ricorrenti a meccanizzazione spinta, hanno ridotto di circa due terzi il lavoro del comparto agricolo, sostituendo il rimanente con il precariato rurale e spesso dequalificato degli stagionali.

Il “patto del Nazareno” in scala Toscana: gli emendamenti del PD e di FI su spiagge e cave di marmo
Nello scorso febbraio arriva una pesante spallata del PD all’assessore Marson; a due settimane dal voto in Consiglio il PD regionale coordinato da Ardelio Pellegrinotti che riscrive di fatto il piano “Marson” con un maxi-emendamento che ammorbidisce vincoli e prescrizioni, già bollati da Rossi come “sole raccomandazioni” e che rivede quasi completamente la disciplina indicata in termini di spiagge e di cave sulle Apuane. Le dichiarazioni del coordinatore del PD Antonio Mazzeo non lasciano adito a fraintendimenti: “Non vogliamo che il piano ingessi troppo l’attività e lo sviluppo della Toscana”. Quindi questo Piano non vuole imporre nessun vincolo restrittivo alla rapina e alla cementificazione del territorio.
In pieno accordo Nicola Nascosti di Forza Italia che afferma: “Le criticità vanno cancellate, non si può ingessare tutto e va riscritta la parte delle cave e quella del settore agricolo e balneare”. La versione della commissione ambiente sulla spinta del “Nazareno toscano”, a differenza del piano Marson, prevedeva la riapertura delle cave dismesse a patto di un sedicente “recupero paesaggistico”, e l’apertura di nuove cave all’interno dei “circhi glaciali”. Inoltre attraverso l’inserimento di una variante, il calcolo del 30 per cento per l’aumento della superficie estrattiva già reintrodotto da Rossi, sarebbe avvenuto sull’intero perimetro autorizzato e non sul perimetro dell’ultima autorizzazione, portando la percentuale sull’intera superfice “storica” della cava aumentandone a dismisura la proporzione.
Relativamente ad un altro punto fondamentale quali le spiagge e le coste, mentre il piano Marson imponeva uno stop alle cementificazioni entro i 300 metri dalla costa, l’emendamento PD apriva alla possibilità di realizzare interventi di adeguamento funzionale delle strutture esistenti a destinazione turistico-recettiva e ricreativa quali ampliamenti anche con cambio di destinazione urbanistica. Si parlava pure di non precisati ma possibili “nuovi interventi sugli arenili”. Dopo la presentazione degli emendamenti del PD, Marson stessa oltre ad ipotizzare le proprie dimissioni, aveva denunciato la presenza di un “partito del mattone e della pietra” capace di influenzare non solo le scelte del “centro-destra” ma anche quelle del PD.
Va su tutte le furie Rossi che prontamente scarica l’assessore: “Marson quando esprime giudizi politici compie scivoloni pericolosi. Respingo con fermezza le sue dichiarazioni sul ruolo del PD dipinto in modo grottesco, come un partito antiambientalista asservito ad interessi particolari”.

Le proteste degli ambientalisti e l'appello degli intellettuali
Dure e condivisibili, le critiche di Legambiente e della Rete dei Comitati contro il PD toscano e il suo “lodo” così denunciato: “il PD toscano ha gettato la maschera: il maxi-emendamento al Piano presentato alla commissione ambiente regionale mira a svuotare in maniera sistematica gli ultimi residui di tutela ambientale delle Alpi Apuane lasciando mano libera all’aggressione dilagante delle cave. (…) con questa inizativa il PD, perdendo ogni ritegno, si è messo apertamente alla testa delle lobby del marmo, scavalcando addirittura Forza Italia ed i suoi 200 emendamenti. (…) Dietro all’alibi della promozione dell’occupazione, si cela un gigantesco regalo ai titolari di cava”. Il 7 marzo scorso, un centinaio circa di persone hanno manifestato a Firenze davanti alla sede della Regione con una grande “lenzuolata” di protesta al grido di “Salviamo le Apuane”. Pochi giorni prima, il 26 dello scorso febbraio, 8 associazioni ambientaliste oltre alle già citate si sono schierate contro il maxi-emendamento. A completare la grande mobilitazione di protesta contro il PD e Rossi, ci hanno pensato 25 intellettuali di rilievo che hanno rivolto un ultimo accorato appello al Consiglio Regionale, al Ministro Franceschini ed al sottosegretario Borletti Buitoni affinchè “non si indeboliscano gli strumenti di tutela del Piano accogliendo le istanze di chi vuol perseguire lo sfruttamento del territorio”.
Il governatore Rossi di fronte alla contestazione popolare ha di fatto chiesto aiuto al ministero per i Beni Culturali di Franceschini che in ripetuti incontri assieme ai tecnici, al sottosegretario e all’assessore Marson ha potuto accordarsi per un testo più vicino a quello originario, costringendo di fatto il PD toscano a fare una imbarazzante marcia indietro nella votazione definitiva.

Le proteste dei lavoratori delle cave di marmo, la posizione della CGIL
Rossi nel febbraio 2014 sbottò con un “sono furioso!” riferendosi alle polemiche sul piano, confermando la volontà di non chiudere le cave ma di regolamentarle. Secondo i dati INPS 2012 nelle aziende direttamente o indirettamente collegate alle cave lavorano circa 5.000 lavoratori.
Il 25 marzo scorso, data prevista per il voto definitivo, sotto palazzo Panciatichi, sede del Consiglio regionale a Firenze, sono arrivati in circa 200 fra cavatori e padroni del marmo per contestare il piano paesaggistico in discussione dopo l’accordo con il Mibact che ha rivisto in maniera sostanziale le proposte di modifica del PD, tutti concordi nel dire che la sostanziale liberalizzazione dell'attività estrattiva nelle cave avrebbe dato maggiori garanzie occupazionali. Immediata la replica della Fillea CGIL provinciale di Lucca che ha denunciato l’iniziativa tacciandola come una strumentalizzazione dei lavoratori ai quali gli imprenditori avrebbero dato giornata pagata per andare su pullman organizzati direttamente dalle aziende d'estrazione del marmo. Dopo la presentazione degli emendamenti PD, anche la CGIL Toscana aveva denunciato di trovarsi “di fronte al fondato rischio interessi corporativi e di potentati economici locali rompano tale equilibrio non a favore del lavoro a fronte dell’ambiente sia chiaro: ai lavoratori ed alle lavoratrici da tali emendamenti nulla verrà, né dal punto di vista delle condizioni di lavoro, nè del salario”. Lo stesso giorno, all’interno alla sala del Consiglio regionale, sono spuntati gli striscioni degli ambientalisti che hanno consegnato al presidente del Consiglio Monaci una petizione supportata da 103.051 firme per salvare le Apuane.

La versione conclusiva del piano e l'approvazione definitiva del Consiglio regionale
Nei suoi punti più contraddittori, il PD ha dovuto fare marcia indietro sulle aperture di nuove cave nei “circhi glaciali”, sull’ampliamento delle cave che torna ad essere calcolato sulla superfice dell’ultima autorizzazione, sulla possibilità di costruire piscine sulle spiagge, sull’eventualità di nuovi interventi su dune ed arenili e la volontà di ampliamenti entro 300 metri dalla costa è stata bloccata al 10 per cento che rappresenta comunque una concessione agli imprenditori delle spiagge.
Il piano così emendato è stato infine votato il 27 marzo dai 32 consiglieri di PD, SEL, PRC e PdCI e con il voto contrario dei 15 di “centro-destra”. Anche se non si è trattato dell'approvazione del testo originale ma di una stesura di lieve compromesso, l'assessore Marson si è dichiarata moderatamente soddisfatta, poiché il risultato è sicuramente più suo di quanto non lo sia di coloro che hanno tentato a più riprese di stravolgerlo. Ciò è senz'altro frutto di una straordinaria mobilitazione sociale, supportata dalla concomitanza con l'inchiesta fiorentina alla quale sono seguite le dimissioni del ministro Lupi e che ha evidenziato la presenza dell'eterna lobby del consumo selvaggio del territorio. Dopo il voto definitivo, la Marson ha dichiarato che “le imboscate non sono derivate da un conflitto fra ambiente e sviluppo come molti hanno sostenuto, ma tra interessi collettivi ed interessi privati… Abbiamo assistito alla partecipazione di consulenti delle imprese del marmo alla scrittura degli emendamenti (del PD, ndr) nelle stanze del consiglio regionale”.
 

La posizione del PMLI: un piano tutto interno al capitalismo
Entrando nel merito del principale punto di discussione, la questione cave, è innanzitutto necessario che esse tornino ad essere un bene totalmente pubblico e che la lavorazione del prodotto sia fatta interamente sul territorio poiché è solo così che si può parlare di crescita occupazionale nei settori coinvolti dall'estrazione del marmo.
I blocchi che ora in grande quantità partono dal porto di Marina di Carrara sono ricchezza di un territorio e di una comunità intera che va perduta per il profitto di pochi, come testimonia anche un'inchiesta della magistratura attualmente in corso che sta appurando sottofatturazioni, vendite in nero, riciclaggio e pagamenti inferiori ai limiti della tassa sul marmo. Niente di tutto ciò avverrà poiché, come già detto, il Piano è tutto interno al capitalismo e non inciderà in maniera sostanziale nella realtà e nella legislazione generale.
Rossi ha voluto approvare il Piano Paesaggistico ad ogni costo in questa legislatura per farne una cartolina elettorale per la sua prossima candidatura mettendosi in evidenza e a questo fine si è attribuito il merito della mediazione fra l'assessore Marson, il PD e il ministero. La sua mediazione è stata obbligata dagli effetti della mobilitazione dei comitati, delle organizzazioni ambientaliste e della CGIL che è riuscita a piegare seppur in parte le mire speculative, l'arroganza dei membri regionali del PD e la loro marcia indietro, coperta dal veto ministeriale, si è rivelata tanto imbarazzante quanto vergognosa.
La vera contraddizione non è in realtà tra “pubblico” e “privato” come ha dichiarato Marson, bensì tra capitalismo e socialismo, poiché nessun piano anche con le migliori intenzioni, approvato all'interno di questa società potrà realmente salvaguardare il Paesaggio che resta ancora in mano ai capitalisti e al partito del mattone, della pietra e della cementificazione. Perdurando il capitalismo e il potere borghese si potranno tutt’al più ridurre i danni da essi prodotti ma sarà soltanto quando il proletariato conquisterà il potere politico e il socialismo che l'acqua, l'aria e come in questo caso la terra, potranno essere a totale beneficio della popolazione, scevri da sfruttamenti incontrollati e abusi speculativi e di profitto.

15 aprile 2015